Le ragioni di una scelta. Luigi Berlinguer.

 

“Se non ora quando?” Prendo in prestito il titolo del bel libro di Primo Levi per rispondere ai dubbi suscitati dalla mia decisione di introdurre l’insegnamento esclusivo del Novecento nel corso di storia dell’ultimo anno delle medie e delle superiori.
So bene che ci sono problemi e difficoltà. Conosco i libri di testo in commercio, conosco gli insegnanti, so bene come la tentazione di essere faziosi e partigiani alligni negli uomini, anche nei migliori, e sono consapevole, di conseguenza del rischio che la lezione di storia contemporanea, specie quando saranno all’ordine del giorno i fatti a noi più vicini, si trasformi in un trionfo dell’intolleranza, se non addirittura della rissa.
Ma, torno a ripetere, “Se non ora quando?” Delle due l’una: o rinunciare ad introdurre la contemporaneità nelle scuole, oppure dobbiamo correre dei rischi.
La faziosità e la partigianeria non hanno bisogno dello studio della storia contemporanea per affermarsi. Ci sono nella storia, anche in quella più remota, infiniti eventi che possono essere spiegati e illustrati con spirito partigiano. Dall’antica Roma al Medioevo, alla Rivoluzione francese, all’industrialismo, alla formazione degli stati nazionali, all’impresa di Garibaldi e all’Unità d’Italia, sono tutte occasioni per offrire – volendolo fare – interpretazioni di parte. I programmi prevedono lo studio della Storia “fino ai nostri giorni”, come aveva voluto Giovanni Gentile, e che in molte scuole, sulla base di disposizioni già esistenti, il Novecento è magna pars del corso di storia. Io ho solo ritenuto che sia doveroso aggiornare per tutti lo stesso criterio individuato da Gentile, estendendo lo studio della storia appunto “ai giorni nostri” ovvero agli anni che sono trascorsi da quelle direttive. Vale a dire quasi l’intero secolo.
I ragazzi di oggi leggono i giornali e soprattutto vedono la TV. Vedono Andreotti davanti ai giudici, vedono le carneficine in Bosnia. Ebbene, oggi la scuola, di fronte a questi fatti, è la grande assente, non esercita spesso alcun ruolo. Vogliamo che continui ad essere così? È meglio l’ignoranza e il silenzio delle eventuali polemiche? Credo proprio di no. Sono convinto che sia necessario conoscere i processi che hanno determinato quello che noi siamo, soprattutto i più recenti.
Si deve studiare l’intero Novecento e non solo la parte che possa far piacere, senza omettere, ma anche senza dimenticare che non si fa opera di verità confondendo vittime e aguzzini, e che non è vero, come forse qualcuno vorrebbe far credere che, alla fine, tutta la Storia è la stessa storia, che i protagonisti sono tutti uguali. Credo francamente che nonostante tutte le difficoltà che certo non mi nascondo, ci sia la possibilità di avvicinare i giovani allo studio del nostro secolo senza nascondere le passioni e i convincimenti che ognuno si porta dentro, ma anche senza cadere nelle faziosità, facendo piuttosto della scuola una palestra per un sereno confronto che parta sempre e comunque dalla ricerca della verità, nel rispetto reciproco e nella più grande tolleranza.
È vero, molto dipenderà dai docenti. Sono convinto – sinceramente convinto – che la qualità del corpo docente della scuola italiana è mediamente di alto livello, con punte di eccellenza non occasionali. E poi sappiamo bene che, già adesso, ci sono molti insegnanti di storia, ma non solo, che al Novecento dedicano la maggior parte dell’ultimo anno sia delle medie che delle superiori. Il problema, piuttosto che la qualità, è la motivazione. I docenti sono spesso demotivati, non incapaci. Io sono convinto, e lo dico in ogni occasione, che la riforma si gioca essenzialmente su questo tavolo, il saper rimettere in moto la voglia di fare, il sentirsi partecipi, dei docenti. Che, in quanto motivati e partecipi, sentiranno non il dovere ma il bisogno di aggiornarsi, di rimettersi a studiare per poter meglio insegnare, aiutati, in questo lavoro, anche dall’adozione di nuovi supporti tecnologici, oppure dalla lettura dei giornali quotidiani in classe.
Il professore deve essere trasparente quando parla agli studenti. L’introduzione della politica non significa faziosità ma aprire gli studenti al confronto per capire meglio la società che li circonda.

   

Il decreto n. 682 del 4.11.1996 

 

Art. 1
I limiti cronologici fissati dai vigenti programmi ministeriali per la suddivisione annuale del programma di storia valevole per il quinquennio dei Licei classici, scientifici, linguistici e degli Istituti tecnici sono modificati secondo le seguenti indicazioni di massima:
1° anno: dalla Preistoria ai primi due secoli dell’Impero Romano;
2° anno: dall’età dei Severi alla metà del XIV secolo;
3° anno: dalla crisi socio-economica del XIV secolo alla prima metà del Seicento;
4° anno: dalla seconda metà del Seicento alla fine dell’Ottocento;
5° anno: il Novecento.
Art. 2
Limitatamente al quadriennio degli Istituti magistrali e dei Licei artistici la suddivisone annuale del programma di Storia è determinata secondo la seguente linea di sviluppo:
1° anno: dalla Preistoria alla metà del XIV secolo;
2° anno: dalla crisi socio-economica del XIV secolo alla prima metà del Seicento;
3° anno: dalla seconda metà dei Seicento alla fine dell’Ottocento;
4° anno: il Novecento.
Art. 3
Nella Scuola media e nella Scuola magistrale la suddivisione annuale del programma di Storia è modificata secondo le seguenti indicazioni:
1° anno: dalla Preistoria alla metà del XIV secolo;
2° anno: dal Rinascimento alla fine dell’Ottocento;
3° anno: il Novecento.
Art. 4
Nelle Scuole e Istituti di cui agli artt. 1, 2 e 3 i programmi dovranno contemperare l’esigenza di fornire un quadro storico generale con l’esigenza di riservare alla programmazione didattica il compito di indicare, ai fini di un adeguato approfondimento, tematiche particolari giudicate di interesse rilevante dagli organi collegiali o dagli stessi insegnanti.
Lo svolgimento del programma dell’ultimo anno dovrà essere caratterizzato, oltre che da continuità di sviluppo come negli anni precedenti, anche da maggiore ricchezza di dati e di riferimenti.
Nell’ambito della programmazione didattica potrà altresì procedersi alla integrazione del quadro storico generale con riferimenti ad aspetti delle realtà storico-culturali locali che siano coerenti con le peculiarità formative del curricolo.
Si avrà altresì cura di sviluppare le opportune connessioni con l’educazione civica.
Art. 5
Negli istituti professionali e d’arte, ai quali non si applicano le modifiche di cui al presente decreto, i docenti nell’ultimo anno di corso avranno cura di ampliare e approfondire la conoscenza delle vicende del nostro secolo.
Nella scuola elementare i docenti del secondo ciclo introdurranno la conoscenza dei più importanti eventi dell’ultimo secolo, tenendo presenti le capacità e i modi di apprendimento propri degli alunni e l’esigenza di un continuo riferimento alla concreta realtà in cui essi sono inseriti.
Art. 6
Le norme di cui al presente decreto entreranno in vigore dall’anno scolastico 1997-98.
Nella fase di prima applicazione del presente decreto, nelle scuole e istituti di cui agli artt. 1, 2 e 3, il docente di storia dovrà provvedere, nei modi e con i mezzi a suo giudizio più convenienti, al recupero di quelle parti di programma che, per effetto della nuova suddivisone annuale, sono oggetto di studio nelle classi rispettivamente precedenti.
Firenze, 4.11.1996  Il Ministro L. Berlinguer  

Domani, 4 Febbraio 2021 dalle ore 16.00 – 19.00 si terrà il webinar “La storia contemporanea a scuola” e l’ex ministro dell’Istruzione interverrà con l’approccio allo studio della storia con il suo “Decreto legge sul Novecento”.